Mercoledì 2 novembre 2016. Mancano tre giorni al debutto diN 46 – E 13, evento di apertura della 35esima stagione di Teatro Contatto. La presentazione dello spettacolo è la perfetta occasione per scoprire qualche prezioso dettaglio che non farà che stimolare e accrescere la nostra curiosità.

Entriamo nella sala Carmelo Bene, al piano interrato del teatro Palamostre, prendiamo posto guardandoci intorno (lungo le pareti sono addossati dei vistosi appendiabiti e i più svariati oggetti di scena, come alcuni sacchi pieni di foglie secche o una chitarra) ed attendiamo l’inizio dell’incontro. Davanti al pubblico siedono le protagoniste della serata: Rita Maffei, regista e curatrice della drammaturgia dello spettacolo, nonché co-direttrice artistica del CSS; Fabrizia Maggi, direttore della comunicazione e co-direttore artistico CSS, qui in veste di intervistatrice,Luigina Tusini, scenografa e curatrice degli interventi visivi; la danzatrice e coreografa Laura Della Longa, ed infine Nicoletta Oscuro, attrice, maestra di tango eottima cantante, come avremo occasione di ascoltare proprio durante lo spettacolo.

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N 46 – E 13.Questa la versione abbreviata del titolo originale dello spettacolo, Latitudine 46° 03’ 43” Nord – Longitudine 13° 14’ 32” Est. Si tratta di uno spettacolo collettivo partecipato, ci spiegano Fabrizia Maggi e Rita Maffei, a cui parteciperanno 11 coppie di ballerini di tango, il Coro Popolare della Resistenza, e 48 udinesi di tutte le età, che nel corso di due mesi di laboratorio hanno creato con impegno e dedizione questo spettacolo unico. Rita Maffei ci racconta da dove è nata l’idea del progetto: a dare la prima ispirazione all’autrice è stata l’immagine del pilota, copertina della stagione. Personificazione, quasi, di un interrogativo iniziale poco definito che fa scivolare in una sensazione di spaesamento e di confusione, che ci porta a chiederci chi siamo, cosa significa la nostra realtà cittadina di tutti i giorni, che valore hanno i nostri gesti, le nostre piccole, preziose peculiarità e diversità. L’idea di uno spettacolo collettivo, invece, nasce dal desiderio e dal bisogno di raccontare la vita di una città attraverso i tanti e diversi occhi di chi ne è parte vivente. Non verranno impersonati dei personaggi: i 48 protagonisti andranno in scena con le loro proprie personalità. I vari pezzi teatrali sono stati cuciti su di loro come veri e propri costumi di scena, e lo spettacolo si è definito passo dopo passo grazie alle loro personali idee e proposte.

Si tratta di una composizione incredibilmente varia di danza, musica, ballo, racconto ed immagini. Laura Della Longa ci racconta il percorso svolto nel laboratorio di danza contemporanea, a cui hanno partecipato circa metà dei 48 quasi-attori, svelandoci che non serve essere dei ballerini per poter raccontare la propria vita attraverso la danza, anzi: l’assenza di impostazione permette una maggiore naturalezza e verità nell’espressione gestuale, che mira a mostrare attraverso il proprio corpo quelli che sono i momenti più significativi della vita di ciascuno. In aggiunta a questo, sul palco compariranno anche 11 coppie di ballerini di tango. Tra il pubblico sporge spontanea una domanda: in che modo il tango può avere a che fare e rappresentare, in un certo senso, la vita della città di Udine? La risposta arriva da Nicoletta Oscuro, coordinatrice del gruppo: questa particolare danza esprime perfettamente una sorta di pudore implicito e generale nell’esprimere le emozioni, rievoca la grande passionalità e la segretezza delle relazioni che nascono tra i ballerini nel corso di una notte, e ovviamente viene messa in risalto anche la forte caratteristica sociale del ballo.

Un’idea di Ornella Luppi, partecipante allo spettacolo, porterà sul palco il Coro Popolare della Resistenza: si aggiunge dunque anche la musica, aspetto irrinunciabile per la completezza e poliedricità del progetto. Inoltre avremo l’occasione di ascoltare Nicoletta Oscuro ne “Il valzer dei veleni”, canzone della cantautrice Rebi Rivale che ci riporta ancora una volta tra le vie della città, nelle parole e nei pettegolezzi scambiati ogni giorno tra conoscenti e passanti.

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Infine le protagoniste dell’incontro ci parlano del vero stimolo che lo spettacolo vuole portare al suo pubblico: l’invito a porsi delle domande, le stesse domande che sono sorte nelle menti dei partecipanti allo spettacolo nel corso della sua elaborazione. Domande a cui non verrà mai data una risposta concreta ed esauriente ma soltanto delle idee, dei frammenti che ci lasceranno con il cuore in sospeso su pensieri oscillanti tra realtà e sfumatura. La diversità non deve essere una forza che rischia di soffocarci e di schiacciarci, ma la nostra prima e vera ricchezza.