Nel 1999, troppo tardi, chiudeva per sempre l’ospedale psichiatrico di Milano “Paolo Pini”, fondato negli anni trenta: una struttura fisicamente imponente, vasta, capace di ospitare al suo interno più di mille ricoverati. Oggi, di quel luogo, poche cose restano: l’edificio e gli spazi, sicuramente, che oggi ospitano società private e cooperative di vario genere, ma anche alcuni piccoli testi, annotazioni e memorie scritte su carta di fortuna, pacchetti di sigarette, dagli ospiti del centro quando erano internati, poi rinvenute casualmente dopo la chiusura dell’ospedale psichiatrico.

aleefranz1-rid1Semplici documenti capaci di dare forma a un mondo e ad un’esperienza terribile, voci di tante persone che non erano mai riuscite a farsi ascoltare. Reperti importanti e delicati che qualcuno un giorno ha deciso di prendere in mano, rielaborare e riadattare liberamente non in un libro o in un romanzo, ma in uno spettacolo teatrale. Nasce così Tanti Lati Latitanti, l’ultima sofisticata creazione del duo comico Ale e Franz, andata in scena venerdì e sabato 8 e 9 dicembre al Teatro Palamostre di Udine, all’interno della stagione Teatro Contatto 35 del CSS Teatro stabile di innovazione del FVG.

“Lati tanti – Tanti lati in cui riconoscersi e fingere di non vedere che siamo proprio noi questi uomini. Noi con i nostri modi di vivere, di pensare, i nostri tic e le nostre ingenuità e virtù, le nostre forze e la nostra inesauribile e unica follia”, così, con queste parole i due comici scelgono di presentare il loro lavoro, uno spettacolo che inizia e si chiude con una leggerezza sincera, capace di far riflettere, di provocare malinconia ma, nel contempo, di far ridere e divertire. Una messa in scena incentrata su due personaggi, due persone semplici, qualsiasi, che si incontrano la notte, per caso, in strada. Due uomini che si domandano, si osservano e si chiedono, guardano la luna, cercano di dare voce ai loro dubbi, alle loro inesattezze, di capirsi come ciascuno cerca di fare, soli, persi. In tutto questo, tante diverse scene e momenti si intersecano sul palco, prospettive diverse per rappresentare l’esistenza nella sua complessa e ironica normalità. Vecchi amici che si incontrano e dialogano dei loro cambiamenti e delle loro vite, anziani acciaccati che discutono al bar delle nuove generazioni e dei loro figli, fidanzati che si ritrovano e non si riconoscono più, ladri che parlano con le statue dei santi nelle chiese: campionari di un’umanità volutamente stereotipata e rappresentata in maniera grottesca per essere identificata e assimilata, resa propria, dal pubblico.

Una comicità fatta di semplici giochi di parole, scambi di battute e fraintendimenti, errori e ingenuità, paradossi e sorprese, in un continuo sconvolgere l’apparentemente banale e il comune, smascherandone le difficoltà e le malinconiche nostalgie. Tutto questo con uno splendido accompagnamento di effetti sonori e musiche (dalle voci mixate dei ricoverati dell’ospedale psichiatrico in sottofondo fino ad arrivare alle musiche di separazione delle scene) e con dei suggestivi giochi di luce, con l’evocativa proiezione finale di un video in cui Alda Merini recita una sua toccante poesia. Uno spettacolo molto piacevole, sicuramente capace di far divertire in maniera interessante, profonda e malinconica.

Carlo Selan