Oggi è il 17 gennaio 2017. 157 anni fa a Taganrog, una città portuale della Russia europea, nasceva il più insigne drammaturgo realista russo, Anton Cechov.
Tre sere fa, il 14 gennaio alle ore 19.00, nella sala Pier Paolo Pasolini del Teatro Palamostre, spazio sede del CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, è tornato in Italia, dopo il debutto alla Biennale di Venezia, lo spettacolo E se elas fossem para Moscou?, tradotto E se andassimo a Mosca?, della regista brasiliana Christiane Jatahy.
Tre sere fa, il 14 gennaio alle ore 19.00, nella sala Pier Paolo Pasolini del Teatro Palamostre, spazio sede del CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, è tornato in Italia, dopo il debutto alla Biennale di Venezia, lo spettacolo E se elas fossem para Moscou?, tradotto E se andassimo a Mosca?, della regista brasiliana Christiane Jatahy.
Questa domanda, questa ricerca di un cambiamento, questa utopia è l’interrogativo che Irina pone a se stessa e alle sue due sorelle, Olga e Masha, nell’opera teatrale di Cechov Tre sorelle. 

E se andassimo a Mosca? ne è la rivisitazione, termine che può suscitare esitazione e diffidenza per la difficoltà di trasformare un capolavoro in un’ elaborazione altrettanto valida. La sfida è sicuramente superata dalla regista con un’ attualizzazione originale, ma, allo stesso tempo, fedele al testo cechoviano. La reazione del pubblico è altrettanto duplice: da una parte la pièce suscita un sorriso, ironizzando il sintomo della costante insufficienza umana, ossia l’idea di una scalata interminabile per l’uomo verso la felicità; dall’altra un’amarezza, dettata proprio dalla consapevolezza che forse ogni uomo sia accecato da quest’ idea che gli preclude la realizzazione di sè. Che cosa cambiare?
Maria, che corrisponde al personaggio di Masha, si compiace
nella fantasia che la vita attuale sia una brutta copia
a cui seguirà una seconda in cui si potranno eliminare gli errori. Sposatasi giovanissima, con il passare del tempo ripudia suo marito, l’uomo che in gioventù riteneva il più intelligente al mondo, considerandolo un meschino mediocre. Rimane inerte di fronte al suo destino, fino a quando ritrova al compleanno di sua sorella Irina, nonché anniversario della morte del padre e cornice temporale in cui si svolge la maggior parte dello spettacolo, un ex vicino di casa di cui s’ innamora rapidamente, con cui giace la stessa notte e da cui è lasciata tanto velocemente.
Olga è la maggiore tra le sorelle, è colei che cerca di rasserenarle sempre e di creare un clima di positività; in fondo è però cosciente che sotto quel velo, posto per proteggere le sorelle, si celi la frustrazione della solitudine. Infine Irina, la più giovane, la più ingenua, la più fragile che come una foglia inerme è in balia di un vento sconfortante e sfiducioso.

Le attrici Isabel Teixeira (Olga), Stella Rabello (Maria) e Julia Bernat (Irina) coinvolgono, provano ed infine travolgono gli spettatori, sia dal vivo che dallo schermo. Lo spettacolo ed il pubblico infatti sono divisi in due parti complementari: metà pubblico è coinvolto nella parte interamente teatrale in cui le attrici si riprendono e vengono riprese con diverse videocamere e interagiscono con gli spettatori instaurando un approccio quasi intimo; l’altra metà assiste dalla platea alla parte cinematografica che consiste nella proiezione dello spettacolo ripreso dalle videocamere in diretta e proiettato su un maxi schermo posizionato davanti al sipario chiuso. 45 minuti di pausa e il pubblico si scambia le postazioni.

Al termine dello spettacolo, la reazione è unica, condivisa da entrambe le parti di pubblico: un’ entusiasta standing ovation e diversi minuti di applausi.
La geniale simbiosi fra cinema e teatro dà luce ad una performance unica nel suo genere: il tocco da fuoriclasse all’avanguardia, scolpendo il pilastro della drammaturgia realista, ha dato vita ad una nuova forma d’arte.
Lisa Smirnov (Liceo classico Stellini)