Dopo averli conosciuti in un paio di incontri insieme ad altri studenti, ho avuto la fortuna di intervistare Stefano Ricci e Gianni Forte (in arte ricci/forte), regista e autori di riferimento del CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, che da più di dieci anni offrono al pubblico spettacoli, o meglio performance innovative e coinvolgenti che smuovono lo spettatore e, come quando si tratta di una vera opera, «rimangono sotto pelle», sviluppando intanto adeguate riflessioni. E’ da incontri come questi che fiorisce quella giusta consapevolezza che, se non viene soffocata dalla pigrizia, porta ciascun individuo ad assumersi la propria responsabilità rispetto alla società attuale e alla «mutazione antropologica» che si sta verificando, ossia lo porta a quello stato che rappresenta il primo e necessario gradino verso il cambiamento.
Qual è lo scopo e la motivazione dell’ ”essenzialità” che caratterizza alcuni vostri spettacoli?
Stefano Ricci: È essenziale cercare di comprendere la struttura migliore per arrivare dritti al cuore del progetto, e quindi l’essenzialità è in realtà un requisito che viene utilizzato sempre, nell’aspetto professionale ma anche nella vita: comprendere qual è il peso specifico delle cose, che cosa si vuole, che cosa si cerca, senza girarci troppo intorno.
E rispetto alla “fisicità”? Quale percorso artistico-intellettuale vi ha portato a questo tipo di rappresentazioni teatrali?
Stefano Ricci: Più che un percorso artistico è un percorso di vita, un percorso vitale… Qual è l’alternativa? Chi l’ha detto che il teatro dev’essere un luogo dove gli attori parlano e gli spettatori stanno seduti? È una convenzione, un linguaggio che è diventato una consuetudine adottata per cercare di arginare una forma espressiva. Il teatro è composto innanzitutto da persone viventi, che quindi oltre a parlare agiscono, si muovono, hanno un corpo e comunicano non solo con le parole, ma anche con i gesti, perché non sempre le prime sono in grado di esprimere tutto: perciò il performer, per poter attuare una comunicazione complessiva, dev’essere in grado di raccontarsi attraverso tutti i suoi mezzi; la fisicità quindi ha la stessa importanza della parola, o di un odore o di una musica… C’è un’infinità di modi per esprimersi, dunque perché limitarsi a uno solo? Nella vita quotidiana non comunichiamo mai al cento per cento, perché siamo abituati alle consuetudini ereditate dalle nostre famiglie e dalla nostra cultura, basti pensare alla televisione, che ha un ruolo devastante nella comunicazione moderna con il suo intrattenimento verbale e ha influenzato anche la concezione generale dell’espressione artistica, ridotta esclusivamente alla parola, ma il vacuo chiacchiericcio non fa parte del mondo dell’arte.
Potrebbe sembrare che da parte vostra ci sia una sorta di rifiuto, o comunque una critica alla rappresentazione teatrale classica… È così? Che ruolo o influenza ha la vostra formazione classica sulla vostra attività attuale?
Stefano Ricci: Certo che no, semplicemente non ci appartiene e il teatro è anche questo, non è solo intrattenimento conversativo: è un’arena per poter riflettere, porsi dei dubbi e degli interrogativi, e non per assistere passivamente. Certo abbiamo una formazione classica, ma crescendo e facendo nuove esperienze, in particolare dopo un lungo viaggio negli Stati Uniti, abbiamo maturato una nuova consapevolezza e nuovi orizzonti. Picasso ha detto che a dieci anni disegnava come Michelangelo e poi ha passato il resto della vita a imparare a disegnare come un bambino: si inizia dall’esempio classico e si cresce come artisti, ma non è un’alternativa, è un percorso di evoluzione guidato dalla curiosità.
Immagino siate consapevoli che tra la critica e il pubblico siete perlopiù visti come “i trasgressori”, “gli artisti folli” … Come valutate questa considerazione? È una reazione voluta per scuotere il pubblico e svegliarlo dal suo assopimento oppure una reazione esterna, secondaria?
Gianni Forte: Ciò che è diverso crea sempre scalpore, ma non è stato né è il nostro intento, è semplicemente il nostro modo di essere e di esprimerci; il poeta non ha un porto in cui approdare, ed essendo tutti incasellati e formattati (soprattutto qui in Italia), siamo stati etichettati come gli “enfants terribles” della scena italiana, ma trasgredire e scioccare è molto semplice, non è quello il nostro scopo; per esempio la nudità presente in alcuni nostri spettacoli, che spesso ha suscitato un certo clamore, non è affatto trasgressione, lo potrebbe fare chiunque, è la nudità dell’anima, è il voler arrivare a percepire i battiti del proprio cuore e di quello degli altri, instaurare con lo spettatore – che è prima di tutto una persona – una conversazione strettamente privata, sussurrargli all’orecchio.
Pasolini – oltre che per le opere del progetto Viva Pasolini! prodotto dal CSS nel 2015, La ramificazione del pidocchio e PPP Ultimo inventario prima di liquidazione – è stato fonte di ispirazione anche in passato? Come lo descrivereste quale intellettuale in una breve espressione?
Gianni Forte: Le opere che hai citato sono state piuttosto il compimento di un ciclo più ampio, per esempio in Troia’s Discount, del 2006, c’erano degli strascichi, delle risonanze che si rifacevano al mondo di Pasolini, e quindi appunto abbiamo “chiuso il cerchio” dapprima con uno spettacolo di trentacinque minuti, La ramificazione del pidocchio, e poi con un vero e proprio spettacolo, PPP Ultimo inventario prima di liquidazione, con i quali abbiamo reso il nostro omaggio a Pier Paolo Pasolini, uno dei nostri “antenati”, un nostro Maestro.
Stefano Ricci: Pasolini in un’espressione… Coerente. La coerenza è un valore quasi assente oggi, nessuno ha il coraggio di assumersi la responsabilità di ciò che dice o fa, anche pagandolo a caro prezzo… La bandiera si volta seguendo il vento.
Avete speranza in questo Paese?
Stefano Ricci: Più che in questo Paese abbiamo speranza nelle sue capacità, negli italiani, sicuramente; siamo un Paese alla “gratta e vinci”, aspettiamo sempre che le cose accadano da sole, ma non è così: la speranza si costruisce ogni giorno; riteniamo possibile che ci siano persone che si prendano responsabilità, che le perseguano e che lavorino costantemente per esse.
Gianni Forte: Ci crediamo perché è quello che facciamo noi ogni giorno, continuando a sognare e a fare progetti.
Veronica Cojaniz (Liceo classico Stellini di Udine)