“Leggete!” Un invito all’incontro, alla rappresentazione di sé, alla ricerca degli strumenti necessari per affrontare noi stessi; un invito a compiere l’indagine propria degli artisti che arriva direttamente da uno di essi, Emanuele Carucci Viterbi.
“Sarcasmo e pietà: Pirandello di fronte all’uomo che non c’è più” è il percorso di lettura scenica che l’attore romano ha intrapreso assieme agli studenti del liceo scientifico G. Marinelli il 25 gennaio, per la stagione Teatro Contatto TIG del CSS.
È il Pirandello prosatore il protagonista dell’interpretazione attenta e raffinata di Carucci Viterbi, che passando per due delle Novelle per un anno è riuscita a mostrare l’autentica concretezza e lucidità dello scrittore siciliano.
L’intensa lettura de “La carriola” ci trasporta immediatamente nel minuzioso processo di frantumazione della realtà che Pirandello compie dando una forma artistica ad un’astrazione emotiva del protagonista; egli, infatti, dal momento in cui vede nascere in sé la consapevolezza di essere imprigionato nell’ “atroce afa della vita” e in un “tetro e plumbeo attonimento”, decide di ritagliarsi del tempo in cui spegnere la propria coscienza, scindere quel senso di pesantezza che lo avvolge e smettere di essere quei molti ruoli che gli altri vedono in lui.
Riconoscere se stessi in una dinamica simile è inevitabile e in ciò si può comprendere l’abilità con cui Pirandello riesca a colpire tempestivamente e in modo pungente il lettore o, in questo caso, il pubblico.
In noi, dunque, si sovrappongono affannosamente interrogativi amari sull’insieme di realtà che coesistono proporzionalmente al numero di persone con cui entriamo in relazione e la ricerca di una soluzione alla dissoluzione dell’io, trova la risposta nel sarcasmo e nella pietà.
Ricordandoci le parole della Lady Macbeth shakespeariana, “ciò che è fatto non può essere disfatto”, l’attore, infatti, sottolinea come l’unica strada contrapposta a questo stato di alienazione e disgregazione sia la dolorosa condivisione e compassione dello stato comune. Il secondo racconto, “Canta l’epistola”, porta dunque l’esempio di come la solitudine diventi frustrazione “per un filo d’erba” per il giovane protagonista, disancorato dal mondo e desideroso di vivere nella natura, la quale gode dell’assenza dell’ossessiva volontà di dare un senso all’esistenza.
L’interpretazione appassionata, energica e coinvolgente di Emanuele Carucci Viterbi si conclude, infine, con la lettura del discorso di accettazione al premio Nobel di Pirandello del 1934, al solo scopo di regalare ad un giovane pubblico il valore dell’eredità artistica e della disarmante attualità dello scrittore siciliano.
“Evolvendosi, il mio talento più vero mi ha reso del tutto incapace di vivere, come si conviene a un vero artista, capace soltanto di pensieri e di sentimenti: pensieri perché sentivo, e sentimenti perché pensavo. Di fatto, nell’illusione di creare me stesso, ho creato solo quello che sentivo e che riuscivo a credere.”
Carlotta Frizzele del Liceo scientifico Marinelli
ph. Nicola Boccaccini