Un’ambientazione grigia, spenta: due grandi tombe al centro della scena e, come sfondo, degli alti cipressi. Su una delle due tombe, una coppia di vecchi – l’uno intento a spolverarla, l’altra a cucire a uncinetto – danno vita a un’altrimenti sterile ambientazione. “Amore”, inizia a parlare lei, parola che verrà ripetuta lungo tutto la durata dello spettacolo dalla donna, andando a perdere il proprio significato, come accade a tutte le parole ripetute tanto da diventare quasi un intercalare. Nello spazio fra le domande di lei e le risposte di lui, fra la ripetizione di ogni frase alla maniera dei bambini o delle persone molto anziane e gli argomenti di conversazione – il cambio del pannolone, i capricci del marito, le dentiere, le parolacce, il passato – si crea un silenzio che diventa protagonista, quasi ingombrante, che dice molto più di quanto facciano le parole. E, come fantasmi della nostalgia dei vecchi, a un tratto spuntano due pompieri alla guida di un carrello del supermercato, uniti da un amore che vorrebbero quasi celare, pure loro a rivangare momenti indimenticabili.
“Amore” è il titolo dell’ottava commedia di Spiro Scimone, con la regia di Francesco Sframeli e la scenografia di Lino Fiorito, vincitrice del Premio Ubu 2016 per Miglior novità o progetto drammaturgico e Miglior allestimento scenico, è stato a lungo e calorosamente applaudito dal pubblico udinese al Teatro S.Giorgio di Udine per la Stagione Contatto 35. Mischiando l’elemento comico a quello tragico-esistenziale, ironia, spaesamento e bisogni fisici, la compagnia ci presenta dunque quattro figure che si muovono fra le tombe: il vecchietto (interpretato da Scimone stesso), la vecchietta (Giulia Weber, prima attrice donna a far parte di uno degli otto spettacoli di questo ensemble), il pompiere (Gianluca Cesale) e il suo comandante (Sframeli).
All’interno di un tempo sospeso – forse l’ultimo giorno della loro vita -, dialoghi quotidiani e surreali, incalzanti, densi di allusioni sessuali che non cadono mai nel volgare, attenzioni e richieste fisiche delineano la storia di due amori, uno etero e uno omo, entrambi vissuti con toni poetici e gesti amorevoli, fino a quando le due coppie, adagiate sulle tombe, non si copriranno con delle lenzuola bianche. Amore dunque anche, anzi, soprattutto, nella morte.
“Ci vuole coraggio per una compagnia indipendente, come la nostra, a mettere in scena un argomento come l’amore nella vecchiaia”, commenta Scimone durante l’incontro che ha seguito lo spettacolo. “Stasera abbiamo fatto l’amore”, esclama invece Sframeli, entusiasta dell’energia che ha sentito dal pubblico e dello scambio genuino che è avvenuto con esso. Si è parlato di dialetto, cadenza siciliana, aspetto che si risente molto in tutti i testi teatrali di Scimone, e del legame tra la morte e l’amore. Quale miglior frase per descrivere quest’opera teatrale se non quella del drammaturgo nel descrivere quest’ultimo strettissimo legame? “I personaggi in scena cercano di superare la paura di amare e di morire, e inoltre chi non ama è morto.”
Emma Mattiussi, Liceo Classico Jacopo Stellini