Porte aperte alla Residenza numero 15: MK protagonista del nuovo momento pubblico a Villa Manin di Passariano, Codroipo a pochi chilometri da Udine.
Per quindici giorni, tredici performer della Compagnia MK ed il coreografo Michele Di Stefano (Leone d’Argento alla Biennale Danza 2014), hanno potuto abitare gli spazi di vita e di lavoro messi a disposizione grazie al progetto Dialoghi Residenze delle arti performative curato dal CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia. Nella magnifica Villa di Passariano, hanno avuto la possibilità di isolarsi in un luogo ed in un tempo di ispirazione, ideazione e creazione, mettendo a punto, in una nuova tappa di ricerca, il lavoro coreografico in progress intitolato Bermudas.

MK a Villa Manin

Sabato 17 giugno, Michele Di Stefano ha accolto gli spettatori e introdotto brevemente il lavoro sviluppato nei giorni della Residenza e illustrato le idee fondamentali sui cui basa la propria ricerca: “La danza del mio corpo produce lo spazio perché la tua danza possa esistere”. Relazione. Dialogo fisico spontaneo tra gli artisti. Una danza che viene esplicata fuori dal corpo dell’interprete e si concretizza in una trama di rapporti insieme complessa ed elementare.  La coreografia Bermudas è imperniata su due concetti fondamentali. Il primo, che si intende dai primissimi istanti, è l’idea del moto perpetuo, dello spazio condiviso e carico di tensione energetica (da cui deriva, ironicamente, il nome stesso del lavoro, in un acuto riferimento alla celebre zona del Pacifico). Il secondo, più sottile e gradualmente manifesto nello sviluppo della coreografia, è la dimostrazione del fatto che una regola molto semplice può produrre complessità.
I tredici danzatori della Compagnia (Philippe Barbut, Biagio Caravano, Marta Ciappina, Andrea Dionisi, Sebastiano Geronimo, Giacomo Goina, Luciano Lanza, Flora Orciari, Annalisa Rainoldi, Laura Scarpini, Loredana Tarnovschi, Alice Cheope Turati, Francesca Ugolini) si sono alternati nei giorni di lavoro a Passariano e ora sono tutti “intercambiabili” tra loro. Di Stefano ha, infatti, in mente uno spettacolo che , dopo un processo di produzione, possa essere interpretato da un minimo di tre a un massimo di quattordici performer che troveranno sempre lo spazio per la propria danza grazie alla complicità con i proprio compagni di scena. Muovendosi incessantemente nella stanza, guidati da una musica intensa ed essenziale che ricorda il ritmo del battito cardiaco, propongono in successione pochi, semplici movimenti, rigorosamente eseguiti e quasi pronunciati dai corpi dei danzatori fino a creare un linguaggio del movimento, su cui gli interpreti riescono ad intendersi e comunicare in un intensissimo dialogo fisico. Agli occhi degli spettatori appare incredibile la perfetta e consapevole percezione dello spazio che ciascuno dei danzatori possiede. Vicendevolmente gli artisti entrano ed escono dalla coreografia, ma senza mai spezzare l’impressione di continuità e fluidità della scena. Stupefacente la loro fisicità: ogni volta che viene introdotto un nuovo movimento, questo viene accolto gradualmente dai danzatori come un invito o una proposta; ne nasce una nuova possibilità di dialogo nella danza, di schemi complessi, intersecati in equilibrio dinamico. Sono idee corporee che progressivamente vengono caratterizzate dall’unicità del movimento di ogni danzatore. Un’improvvisazione su un alfabeto di movimenti.

MK a Villa Manin ph. Ale Rizzi

È il danzatore a farsi movimento, allo stesso tempo esiste come corpo reale, perfettamente tangibile, e come mera dimensione di corpo umano dalla quale riesce a svincolarsi per diventare corpo unico con tutti gli artisti, respirante, pulsante di energia.
MK porta in scena la fisica del movimento e l’umanità della relazione. Il corpo trova la propria esplicazione dentro e fuori di sé, come soggetto e come parte di una vita più ampia. La sensazione che lascia il lavoro coreografico Bermudas è di un’intensità unica ed inattesa; testimonia impensate potenzialità della danza e richiama anche la perfetta, semplice, unica complessità su cui si fonda ogni atto di vita. Idea estremamente sottile e tutt’altro che immediata da cogliere a cui Michele Di Stefano ed i danzatori hanno saputo attingere in modo del tutto originale.