Il nuovo lavoro di ricci/forte, lo spettacolo Easy to remember a Udine, in prima assoluta per la Stagione Teatro Contatto al Teatro S. Giorgio, si concentra sulla figura della poetessa russa Marina Cvetaeva. Figlia di un professore e di una pianista, cresce in un ambiente culturale ricco di stimoli. A soli 19 anni pubblica il suo primo libro, a spese proprie, con le poesie scritte fra i 17 e i 18 anni. Si sposa, ha due figlie e si ritrova a Mosca durante la primavera del 1917 in mezzo alle rivolte, alla carestia, alla povertà. Si trova costretta ad la figlia più piccola in orfanotrofio dove morirà poco dopo. La tumultuosa vita della poetessa prosegue in giro per l’Europa, si ricongiunge e si separa di nuovo dal marito finché non decide di ritornare in Russia per poter dare una patria al suo terzo figlio. Il clima che accoglie la Cvetaeva è drammatico: patisce la fame, non trova lavoro, nell’agosto del 1941, disperata, decide di porre fine alla sua vita.

ph_Giovanni_Chiarot

Lo spettacolo di ricci/forte non è, ovviamente, una lezione di storia e nemmeno la messa in scena della vita di Marina. La figura della poetessa viene evocata perché in particolar modo i poeti fra tutti gli artisti hanno la fortuna/sfortuna di essere premonitori: sta a noi non abbandonarli a se stessi nel loro percorso sulla Terra.

L’anima della poetessa inoltre, si fonde e si armonizza con altre figure femminili, in primis Frida Khalo. La forte presenza di influenze messicane rimanda alla storia della pittrice, in particolare la presenza di coroncine coloratissime sui capelli delle protagoniste e di fiori sul palco. Vengono ripercorse alcune tappe della loro esistenza, l’infermità di Frida, il rapporto tra Marina e la figlia maggiore ed, infine, la liberazione attraverso la morte.

ph_Giovanni_Chiarot

Nella parte finale di Easy to remember, le due donne, interpretate dalle bravissime attrici Anna Gualdo e Liliana Laera, salgono sulla bara, oggetto che non lascia mai il palco, a simboleggiare la costante presenza della morte nella vita e della vita nella morte. Dalla bara le figure ci lasciano, sembrano spiccare un salto nel vuoto, si staccano dalla Terra. Attraverso questa gesto mostrano ad ogni spettatore come la memoria sia il filo rosso che unisce l’umanità intera senza permettere alla morte di cancellarla.

Aurora Righini (Liceo classico Stellini)