Al Teatro S. Giorgio di Udine ha debuttato in febbraio, per la prima volta ospite della Stagione Contatto TIG Teatro per le nuove generazioni del CSS, “Diario di una casalinga serba”, scritto ed interpretato da Ksenija Martinovic e proposto ora ai ragazzi della scuola superiore secondaria di secondo grado.
“Diario di una casalinga serba” è il fortunato spettacolo d’esordio di Ksenija Martinovic, attrice di origine serba che da anni vive in Italia. Dopo essersi diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine, nel 2014 ha vinto il Premio Giovani realtà del teatro come miglior monologo. L’anno successivo debutta nella stagione Teatro Contatto, grazie al sostegno produttivo di StarArt, il progetto di produzione per giovani artisti emergenti del CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, e vola per la prima tournée a New York e Belgrado e, successivamente, in Italia a Prato, Cagliari, Muggia, Bologna, Torino, Trieste. L’8 marzo sarà al Teatro Pasolini di Cervignano del Friuli.
Nello spettacolo, liberamente tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice belgradese Mirjana Bobic Mojsilovic e diretto dalla regista Fiona Sansone, la giovane Martinovic veste i panni di Andjelka, una donna che ripercorre la sua vita, dall’infanzia vissuta nella Yugoslavia di Tito fino all’età adulta nella Serbia di Slobodan Milosevic.
Alcuni quotidiani scritti in cirillico, un mangianastri da cui escono le voci degli Idoli, gruppo new wave serbo dal sound innovativo dei primi anni Ottanta, e un fazzoletto rosso. Attraverso quel pezzo di stoffa riemergono i ricordi di una bambina che va a scuola con l’abito a fiori e il suo fazzoletto dei Piccoli Pionieri di Tito, guarda con ammirazione la classe operaia e ama le bambole. Andjelka vive la sua vita con serenità e naturalezza, così come solo i bambini sanno fare. Canta le canzoni socialiste e adora il Compagno Tito. Ma un giorno le cose cambiano, ora Tito è morto e il Paese non è più lo stesso.
Passano gli anni, scoppia la guerra civile e le persone che prima vivevano assieme ora non si comprendono più. Le differenze di religione e nazione, primo ricordo di quel Paese che riusciva a riunirle tutte senza troppi problemi, ora sono il motivo per cui odiarsi e farsi la guerra. Per i piccoli, così come per i grandi è difficile vivere in uno Stato dilaniato da un tale conflitto. Smarrimento e paura sono i sentimenti che si provano quando il mondo ti guarda e ti bombarda.
Andjelka, però, ha ancora molti sogni a cui non intende rinunciare, guarda l’Italia, quel Paese dove i ragazzi e le ragazze si incontrano la sera, ballano, cantano, indossano i blue jeans, fanno ciò che desiderano e, soprattutto, hanno la libertà. È grazie a quell’ideale che trova la forza e la determinazione per continuare ad andare avanti. Andjelka vuole diventare qualcuno, magari l’eroina del momento. La politica diventa importante e così scende in piazza per sostenere le sue idee e credere nella sua Nazione, la Serbia, anche quando la madre le offre dei soldi per andarsene e il suo uomo parte per il Sudafrica, anche quando abbandonare la Patria sarebbe la scelta più conveniente.
Ormai Andjelka è grande, sola e disillusa, circondata soltanto da terribili ricordi, come quello del fratello Sasha che si fa il bagno con la Coca-Cola dopo aver saputo che il suo miglior amico e la sua famiglia sono affogati profughi durante uno dei tanti viaggi della speranza, organizzati da gruppi malavitosi con i quali lo stesso Sasha faceva affari da tempo.
“Come si fa a distruggere un Paese così bello?” è questa la domanda che la protagonista ripete più volte nel corso dello spettacolo senza trovare mai una risposta. Sono parole emozionanti da cui traspare un senso di nostalgia e, forse, anche un po’ di rabbia e delusione. È il pensiero di un’intera generazione che ha visto famiglie spezzate e amici persi per sempre, che ha dovuto crescere troppo in fretta segnata da un passato travagliato da una delle più orribili guerre civili del ‘900.
Pochi oggetti, abiti colorati e tre cassette di legno che, con i loro movimenti scandiscono gli spazi e i momenti della vita del suo personaggio, compongono l’essenziale scenografia voluta da Ksenija Martinovic. Non serve altro alla giovane attrice in supporto alla sua emozionante e carismatica interpretazione che coinvolge dall’inizio alla fine. Si percepisce in lei, così come in Andjekla, la volontà e, forse, la responsabilità, di dare vita ai racconti e alle esperienze dei genitori, di raccontare qualcosa che si sente proprio, anche se non lo si è vissuto in prima persona. Il dovere morale di raccontare quel passato, che poi così passato non è, di cui, molto spesso, non se ne parla neppure a scuola.