Cosa accade quando a prendere in mano le redini della situazione è una donna? Se per un attimo ci lasciassimo alle spalle vecchie dicerie e falsi stereotipi e provassimo ad immaginare un’azienda gestita da una donna, forte, potente e indipendente?!
Mi chiedo come sia possibile che ancora oggi, dopo una lunga e faticosa serie di lotte, progressi e cambiamenti, ci sia ancora tanta diffidenza in merito a una situazione che dovrebbe invece rientrare nella normalità.
La regista Rita Maffei affronta, con Sissignora!, il tema della leadership femminile, mettendo uomini e donne a confronto in una dinamica di relazione per niente scontata e solo apparentemente accettata dalla società odierna.
Sissignora!, spettacolo che ha debuttato a Mittelfest 2019 e co produzione del CSS di Udine, ricorre ancora una volta alle tecniche del teatro partecipato, coinvolgendo i cittadini a prendere parte a un laboratorio in cui il tema della leadership femminile è analizzato teatralmente e non solo, ricavando stimoli e strade possibili dalle proposte dei partecipanti.
Potrei iniziare a raccontare come è cominciato lo spettacolo, descrivere i personaggi e la scena che avevo di fronte, ma prima preferisco dedicare alcune righe per sottolineare il mio stupore quando ho visto che lo spettacolo era ambientato in una banca! Ebbene si, tutto si è svolto all’interno della Civibank di Cividale, un edificio dall’architettura moderna e imponente, con delle grandi vetrate, un’entrata che sembra quasi blindata e delle scale infinite.

Salgo un piano, poi un altro, poi ancora scale e, quando penso di essere finalmente arrivata, ecco che mi viene detto di svoltare a sinistra verso una sala conferenze; e qui trovo tavoli massicci, schermi enormi e una grande quantità di sedie. Allora prendo posto, mi guardo intorno stupita e comincio ad osservare tutto e tutti con molta curiosità. Devo ammettere che più volte i miei occhi si posano sulle svariate tipologie di persone che stanno entrando e la mia immaginazione bussa alla porta, tentando di comprendere come possa evolvere la situazione.
Sono tante le idee che affollano la mia mente, ma mai avrei immaginato di ritrovarmi seduta accanto ad un’attrice e che lo spettacolo fosse già iniziato. Davanti a me prende posto una fila di donne e uomini che si lamentano dell’ennesimo ritardo della regista. Sembrano tutti molti spazientiti e non risparmiano le proteste. Mi trovo immersa in un ambiente apparentemente conosciuto, ma sono disorientata perché in quel momento mi sembra di essere presente non solo come spettatrice, ma come parte importante della rappresentazione.
Tutto d’un tratto arriva, con non poca sorpresa proprio lei: la regista, la persona di cui prima si era ampiamente parlato e sparlato. Ansima, chiede più volte di scusarla e si siede al centro del tavolo. Sembra un po’ affaticata, ma anche molto decisa ad incominciare l’ennesima giornata di prove.
In realtà inizia un viaggio metaforico per riflettere su un tema molto importante e discusso come la leadership femminile. Letture, filmati con interviste ad autentiche donne leader (che operano sul territorio e raccontano la loro vita: Anna Mareschi Danieli, Michela Del Piero, Tiziana Gibelli, Irene Iannucci, Marisa Michelini, Patrizia Moroso, Giannola Nonino, Alessia Rosolen, Debora Serracchiani) si alternano ad interventi e piecè teatrali.

Ogni persona seduta dietro quel tavolo interpreta un personaggio diverso, un leader diverso. C’è chi ama prendere le redini del suo team spronandolo a dare sempre il meglio, a non mollare di fronte al primo ostacolo. C’è chi, invece, ha un bisogno estremo di sentirsi potente, forte ed indipendente o chi non vuole affidare il proprio lavoro agli altri e preferisce impiegare tutte le proprie forze accollandosi ogni tipo di incarico. Qualcuno racconta la fatica di essere contemporaneamente moglie e capo, altri parlano della solitudine che accompagna il potere e altri ancora dicono che per l’arte hanno sacrificato famiglia e affetti. E gli esempi potrebbero continuare…
Ogni personaggio descrive il proprio ruolo e, a mio parere, nessuno sembra felice. Le leader donne appaiono sempre alla ricerca di qualcosa che possa dar loro forza, qualcosa che possa confermare, in primis a se stesse, e successivamente agli altri, che possono farcela, che sono in grado di portare a termine le stesse cose come e, forse anche meglio, degli uomini. I leader uomini, ironicamente etichettati “quota azzurra”, si dimostrano diffidenti e preoccupati di perdere un ruolo, che fino a poco tempo prima era stato esclusivamente affidato a loro.
Quello che più mi ha colpito, ormai verso la fine della performance, sono stati lo sguardo, gli occhi, il volto di persone in difficoltà: alcune perché stavano lasciando un ruolo, altre perché temevano di non esserne all’altezza. L’espressione degli attori mi ha fatto riflettere, mi ha fatto capire la fatica di quelle donne, ognuna con fragilità diverse e per questo ognuna speciale.
Come sottolinea anche la regista, il finale non è stato dei più tradizionali; non c’è un sipario che si chiude, non sopraggiunge il buio, ma si sente la voce di Rita Maffei porre delle richieste quotidiane: “Quando esci, chiudi tu!”.
Al pubblico non restano messaggi consolatori, bensì i dubbi e le domande senza risposta di tutte le donne lavoratrici, che convivono con ansie e sensi di colpa quando non riescono a trovare il giusto equilibrio fra il lavoro e gli affetti, la carriera e la vita privata, la passione professionale e il calore delle amicizie.
Non è facile conciliare aspetti così importanti e forse non lo sarà mai. Forse qualche soluzione esiste ed ognuno di noi la può trovare ammettendo le proprie difficoltà, imponendosi lo stop quando subentra lo stress, chiedendo aiuto con umiltà o, più semplicemente, non sottovalutando delle risorse personali come umorismo e fantasia.
Il lungo applauso finale appare come un grande abbraccio a tutte le donne chiamate a lottare per essere se stesse.
di Emiliana Macovez del Liceo Linguistico Vincenzo Manzini